Di “Mal d’Africa” ci si ammala e non si guarisce più

In attesa della mia prossima partenza per questa terra così magica e incredibilmente speciale, vorrei raccontarvi di come mi sono innamorata perdutamente di un Paese che mi ha colpito per sempre di quel “Mal d’Africa” leggendario a cui si crede solo quando se ne viene investiti in prima persona. Parlo del Madagascar, dove sto per tornare e dove sono stata pochi mesi fa vivendo un’esperienza che porterò sempre con me. È proprio qui che mi sono ammalata di “Mal d’Africa”… e non ne sono più guarita!

Torno indietro con la mente allo scorso autunno, era settembre… e questi erano gli appunti del mio diario di viaggio:

…“Ancora non parto e ho già nostalgia di questo posto, della gente con cui ho lavorato in questi mesi, delle famiglie che ho visitato e che ad ogni mio viaggio conosco sempre un po’ di più, dei bambini, che sempre di meno mi chiamano “vahasà”, il termine che identifica lo straniero. 
Quando sono ad Antanifiska, la gente mi saluta continuamente e i bambini, sul ciglio della strada sterrata, urlano il mio nome con voce squillante. Che emozione. Antanifisaka, ogni volta che vado, mi entra sempre di più nel cuore. Un villaggio rurale dove non c’è elettricità nè acqua corrente. 
Nel cortile di casa di Paul, durante il giorno, c’è un gran via vai di gente, qui si svolgono tutte le attività del nostro progetto, la mensa, le attività ludiche per i bambini, il dopo scuola, il corso di cucito, le riunioni… ma quando sono le 16, nel pomeriggio, ecco che arriva la quiete. 
Arriva il momento di assaporare tutto quello che c’è intorno. Il silenzio è rotto solo dai rumori della natura. Il vento soffia tra gli alberi della piccola pineta, i rumori degli animali e gli ultimi schiamazzi dei bambini si sentono in lontananza, ed è anche il momento per riempirsi gli occhi con il colore della terra rossa che è un tutt’uno con le case, e questo rosso si alterna con i colori dei campi e delle risaie”

        

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